sabato, agosto 05, 2017

C'è chi disse no.

Rosetta Loy. La parola ebreoEinaudi.
Storie di ebrei italiani salvati da Giusti con i nazisti nel ghetto di Roma.

Lettura rinfrescante...

[...] Qualcuno che si trovava a passare per strada si era intanto avvicinato a quei tre in attesa con le valigie, sorvegliati dalla SS con il fucile spianato.
Non era difficile capire cosa stava succedendo.

 In via degli Scipioni i Sermoneta li conoscevano tutti, in quella casa Rosetta era nata e fino a quando le leggi razziali non le avevano separate, ogni mattina aveva fatto la strada fino a scuola insieme alla figlia del fornaio all'angolo.

Il camion tardava: e nel giro di un quarto d'ora quei pochi che si erano avvicinati erano diventati un piccolo gruppo a cui si aggiungevano di continuo altre persone. La SS aveva allora spinto i Sermoneta sulla strada facendogli svoltare l'angolo su via Leone IV, sempre nella speranza di vedere arrivare il camion.

Il gruppo che si era formato davanti al portone li aveva intanto seguiti e mentre il soldato tedesco continuava a far avanzare i Sermoneta con le valigie, si andava ancora ingrossando facendosi sempre più vicino. Compatto aveva traversato dietro a loro viale Giulio Cesare, per poi svoltare su viale delle Milizie tra i grandi platani ingialliti d'autunno.
Altra gente si avvicinava, qualcuno diceva "dai, scappate!", ma i Sermoneta non trovavano il coraggio.

A un tratto una ragazzina afferrò Rosetta per la manica: era la figlia della donna che aveva il banco delle verdure su viale Giulio Cesare. Di forza la tirò dentro un portone dall'altro lato della strada, ma la portiera spaventata le mandò via dicendo: no, no, qui no.
La piccola folla anonima aveva intanto chiuso in mezzo la SS mentre la madre di Rosetta abbandonava in terra la valigia lasciando scivolare giù anche il cappotto pesante che la ingombrava nei movimenti. In un attimo padre, madre, figlia e nonno si ritrovarono a svoltare nella prima traversa a sinistra e poi ancora a destra in via Giovanni Bettolo, dove entrarono nel primo portone che si trovarono di fronte.

Stavano scendendo nello scantinato, quando furono richiamati su: un tassì con il motore acceso li aspettava sulla strada. Non si seppe mai chi fu a chiamarlo, e da dove venisse. I Sermoneta erano troppo spaventati per fare domande; il padre diede l'indirizzo di casa del suo barbiere di piazza in Lucina che qualche tempo prima si era detto disponibile ad aiutarlo.

 [...] (Si sa che la SS, in lacrime, tornò a via degli Scipioni e suonò all'appartamento degli sfollati di fronte a quello dei Sermoneta suscitando un pandemonio: voleva a tutti i costi portarsi via almeno la ragazza che aveva più o meno la stessa età di Rosetta).



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